Commissioni Ethereum gonfiate: secondo Buterin sarebbe un tentativo di estorsione
Nei giorni passati, si è molto parlato di due transazioni avvenute sulla rete di Ethereum. Non tanto per l’importo, in un caso di 0,55 ether e nell’altro di 350, quanto per le commissioni che le hanno premiate. Le quali si sono attestate all’incredibile cifra di 2,6 milioni di dollari cadauna.
In molti si sono interrogati sulla stranezza di quanto accaduto, senza però riuscire a fare chiarezza sulla questione. Ora è Vitalik Buterin a dare la sua interpretazione. Che non è assolutamente priva di logica.
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Un tentativo di estorsione?
Secondo Buterin, si tratterebbe semplicemente di un tentativo di estorsione. Un vero e proprio ricatto operato a danno di un exchange cui sarebbe stata sottratta parzialmente la chiave privata.
In pratica gli hacker sarebbero impossibilitati a dare vita a transazioni, ma possono inviare i fondi controllati stabilendo l’entità della commissione. Il messaggio sarebbe abbastanza chiaro: o ci date quanto richiesto, oppure possiamo bruciare tutti i fondi agendo sulle commissioni.
Non si hanno conferme, al momento
L’ipotesi di Buterin, al momento, non ha trovato conferma da parte di exchange ed è del tutto logico. Quanto sta accadendo, infatti, conferma ancora una volta come queste piattaforme continuino ad essere il bersaglio privilegiato degli attacchi hacking, nonostante nel corso degli ultimi anni siano state affinate le procedure tese ad impedire che possano andare a buon fine.
Se, infatti, dovesse propagarsi una notizia di questo genere, la mente di molti utenti non potrebbe che andare a due casi di cronaca clamorosi, relativi proprio agli exchange, di cui si è tornato a dibattere in questi giorni. Non contribuendo certo a migliorare la fama del settore.
Mt. Gox: gli incredibili sviluppi degli ultimi giorni
Il primo di questi casi è quello relativo a Mt. Gox, l’exchange californiano fallito nel 2014 a seguito di un attacco da parte di hacker. Gli sviluppi sono in effetti clamorosi, anche se da prendere al momento con le molle, coinvolgendo ancora una volta Craig Wright.
Nell’ambito della vertenza relativa al Tulip Trust, infatti, la difesa di Faketoshi, come è ormai stato ribattezzato il controverso personaggio autraliano, ha prodotto un indirizzo Bitcoin sul quale, all’epoca, furono trasferiti i fondi sottratti a Mt. Gox. In pratica si tratterebbe di un clamoroso autogoal, andando a identificare Wright con il pirata autore dell’attacco del 2014.
QuadrigaCX: era solo uno schema Ponzi
L’altra questione riemersa negli ultimi giorni è quella relativa a QuadrigaCX, l’exchange chiuso dopo la morte del suo fondatore, Gerald Cotten.
In pratica l’exchange non era altro che uno schema Ponzi: questa almeno è stata la conclusione dell’Ontario Security Commission, al termine di una indagine che è stata innescata dalle recriminazioni dei tanti clienti coinvolti nella truffa. Una truffa da 215 milioni di dollari, che sta ancora riversando i suoi copiosi veleni.
Molti dei clienti coinvolti, infatti, chiedono da mesi che venga riesumata la salma di Cotten. E’ evidente come non credano al suo decesso e temano invece che questi si stia godendo i frutti di quanto architettato in qualche parte remota del globo.
Il rapporto dell’OSC, peraltro, è un vero e proprio atto di accusa non solo verso QuadrigaCX, anche se in effetti cerca di distinguere le responsabilità personali da quelle generali di un settore che non riesce a fare definitivamente pulizia al suo interno.