Criptovalute, anche Cuba si avvia sulla strada del Venezuela?
La pressione economica degli Stati Uniti potrebbe spingere in questa direzione L'Avana
Mentre le brigate mediche cubane vengono invitate dalla Regione Sicilia per far fronte al diffondersi del Covid in Italia, il Paese caraibico è ancora sotto attacco da parte del governo statunitense. Il quale ha deciso non solo di continuare il blocco economico in atto ormai da decenni nei confronti dell’Avana, ma anche di imporre restrizioni sulle rimesse che i migranti cubani di stanza negli Stati Uniti inviano sull’isola. Resta solo da vedere se con il cambio di timone alla Casa Bianca, che porterà Joe Biden al posto di Donald Trump, finalmente cambierà qualcosa.
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Western Union cessa di operare a Cuba
Proprio in queste ore, Western Union ha affermato il suo intento di chiudere le sue strutture di stanza a Cuba. Un atto reso necessario dal nuovo regolamento imposto il passato 27 ottobre dal governo di Washington. Il quale dava in pratica 30 giorni all’azienda per smettere i commerci relativi agli utenti isolani, da e per Cuba.
Se inizialmente Western Union, che opera nel Paese caraibico dal 1999, aveva promesso una soluzione in grado di proseguire il servizio, ora si è invece dovuta arrendere all’imposizione. Affermando che in un lasso di tempo così breve è praticamente impossibile trovarla.
Le giustificazioni del governo statunitense
Il governo statunitense ha giustificato il suo atto affermando che i soldi delle rimesse che i cittadini cubani di stanza negli Stati Uniti inviano ai loro familiari rimasti a casa verrebbero usati dall’esercito locale per opprimere la popolazione e finanziare la propria ingerenza negli affari venezuelani. Secondo i funzionari statunitensi, il partner di Western Union a Cuba, Fincimex, sarebbe infatti controllata dai militari cubani.
Una vera e propria ossessione di lunga data, quella di Washington. La quale stabilisce ancora una volta una similitudine tra due Paesi che rappresentano chiaramente una spina nel fianco per l’impero a stelle e strisce. Una similitudine che potrebbe presto diventare concreta anche per quanto il modo di ovviare all’embargo in atto. Ovvero facendo leva sulle criptovalute.
Le criptovalute potrebbero presto diventare molto popolari anche a Cuba
Come già accaduto in Venezuela, di fronte alle difficoltà create dall’embargo statunitense, la popolazione potrebbe decidere di far leva sul denaro digitale per alleviare le proprie difficoltà di carattere finanziario.
Occorre in effetti sottolineare come Cuba abbia proprio nelle rimesse provenienti dall’estero una fonte di finanziamento non indifferente, pari a circa 3,5 miliardi di dollari nel corso del solo 2017. Un flusso di denaro il quale ora dovrà trovare strade alternative per giungere sull’isola. Che, in effetti, ci sono.
Bitremesas e Cubacripto scaldano i motori
Tra quelli che sin da ora si propongono all’uopo c’è appunto l’utilizzo delle piattaforme di scambio peer-to-peer. A partire da Bitremesas, che consente l’invio di rimesse tramite Bitcoin. L’exchange ha già fatto registrare un notevole aumento degli affari durante il lockdown e ora si propone di prendere il posto lasciato vacante da Western Union. Il sistema prospettato dalla piattaforma è indipendente dal sistema bancario. E andando ad utilizzare una criptovaluta decentralizzate come Bitcoin, non può essere oggetto di provvedimento da parte del governo statunitense. Mentre quello cubano non ha alcun interesse a porre ostacoli alla sua attività.
Inoltre, anche Cubacripto si propone di trarre vantaggio dall’abbandono di Western Union (oltre che di quelli precedenti di Paxful e LocalBitcoins), con il suo sistema, il quale utilizza social media come Telegram e Whatsapp per il trasferimento dei fondi.