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Gli hacker utilizzano Kobe Bryant per i loro attacchi

Kobe Bryant - Gli hacker utilizzano Kobe Bryant per i loro attacchi

Gli attacchi dei pirati informatici sono sempre all’ordine del giorno, destando naturalmente grande preoccupazione. Se le aziende di sicurezza informatica affinano continuamente le loro tecniche, anche gli hacker non rimangono a guardare e aggiornano gli strumenti a loro disposizione. Trovandosi sempre avanti, peraltro, e rendendo complicato evitare che gli utenti più improvvidi cadano nelle loro trappole.
In particolare, gli hacker sono soliti utilizzare per i loro attacchi veri e propri specchietti per le allodole, ad esempio utilizzando personaggi simbolo della nostra epoca o che sono sulla bocca di tutti per determinati episodi. Come è accaduto a Kobe Bryant, ex icona dei Los Angeles Lakers, morto proprio la scorsa settimana provocando grande commozione nel mondo sportivo, ma non solo.

L’avviso di Microsoft Security Intelligence

Il 31 gennaio, Microsoft Security Intelligence ha messo al corrente l’opinione pubblica del fatto che alcuni hacker hanno provveduto a camuffare del codice HTML malevolo contenente uno script di cryptojacking all’interno di un wallpaper raffigurante la stella della NBA, morta da poche ore.
In pratica, in tal modo chi scaricava il wallpaper in questione infettava il proprio personal computer spingendolo a mettere la propria potenza di calcolo a disposizione di altre persone in modo da generare criptovalute senza l’esplicito consenso dei legittimi proprietari e senza che essi ne traggano vantaggio. Finendo anzi per essere danneggiati, in quanto in tal modo da un lato il dispositivo colpito lavora più lentamente, mentre dall’altro i consumi si elevano in maniera notevole.

Perché proprio Kobe Bryant?

La decisione di sfruttare la corrente emozionale provocata dalla morte di Kobe Bryant non è passata inosservata. Milioni di persone in ogni parte del globo si sono uniti al cordoglio per la tragica morte del “Black Mamba”, nel corso di un incidente che ha coinvolto l’elicottero su cui viaggiava insieme alla figlioletta di tredici anni ed altre persone.
Una corrente di dolore che ha spinto gli hacker a preparare del codice malevolo, denominato “Trojan:HTML/Brocoiner.N!lib”, immettendolo in un wallpaper raffigurante Bryant poi diffuso online. E’ stato l’antivirus Defender Virus Protection a identificare il codice, mentre la Microsoft Security Intelligence si è assunta il compito di rendere noto quanto accaduto.

Anche Tron cerca di sfruttare commercialmente il tragico episodio?

Se è abbastanza comprensibile che persone senza scrupoli, gli hacker, abbiano cercato di sfruttare un episodio così tragico, va invece sottolineato come la comunità crypto abbia reagito con veemenza alla condotta della Tron Foundation.
In particolare il fondatore e CEO di Tron, Justin Sun, è stato accusato di aver strumentalizzato la morte di Bryant per propri fini personali. Lo avrebbe fatto rilanciando un messaggio di cordoglio nel quale ha ricordato come Kobe Bryant fosse non solo un sostenitore delle monete virtuali, ma in particolare un accanito fan di Tron. E in quanto tale proprio a lui sarà intitolata la prossima conferenza niTROn Summit 2020.
Un annuncio che non è assolutamente piaciuto ai cryptofans, che non si sono fatti pregare per accusare Sun di vero e proprio sciacallaggio. Una caduta di stile che poteva tranquillamente essere evitata, ma che fa capire come lo sfruttamento dei personaggi pubblici sia sempre dietro l’angolo, non solo per fini criminali, come nel caso del criptojacking.

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Dario Marchetti

Sono laureato in Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma, con una tesi sul confine orientale d'Italia alla fine della Prima Guerra Mondiale. Ho collaborato con svariati siti su molte tematiche e guidato il gruppo di lavoro che ha pubblicato il CD-Rom ufficiale della S.S. Lazio "Storia di un amore" e "Storia fotografica della Magica Roma".

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