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La Cina inizia a testare la sua crypto di Stato

La People’s Bank of China (PBoC) sta organizzando la fase di prova per la valuta digitale di Stato. Un evento molto atteso, dopo gli annunci dei mesi passati e che avrà come epicentro le città di Shenzhen e Suzhou. Dalle notizie sinora trapelate, nell’esperimento sarebbero coinvolte sette società statali, quattro banche commerciali e tre giganti delle telecomunicazioni. Mentre i settori interessati sarebbero istruzione, assistenza medica, commercio e trasporti.

Una vera corsa contro il tempo

Ormai dal 2014 si rincorrono annunci relativi alla volontà del governo cinese di varare una propria DCEP (Digital Currency Electronic Payment) e di conseguenza le notizie relative ai test di Shenzhen e Suzhou non stupiscono. Va peraltro sottolineato come nella prima sia già operante un progetto su bassa scala, che dovrebbe essere esteso nel corso del 2020 e che nella seconda si è saputo nel corso del mese di novembre che un’azienda fintech sostenuta dalla PBoC stava cercando esperti di blockchain e crypto, evidentemente da utilizzare per l’implementazione dei test.

Cosa prevede il progetto

I test previsti dovrebbero delineare un modus operandi ben preciso. In pratica le banche commerciali potrebbero ottenere la valuta digitale dalla banca centrale cinese depositando la riserva RMB, mentre le aziende e gli utenti privati dovrebbero registrare con esse i propri e-wallet in modo da poter utilizzare la nuova valuta digitale nell’ambito delle proprie transazioni. Mancano ulteriori particolari, ma gli addetti ai lavori concordano sulla procedura che sarebbe utilizzata nel corso dei due progetti pilota.

Perché la Cina sta accelerando?

Naturalmente l’accelerazione impressa da Pechino ha subito spinto gli analisti ad interrogarsi sui motivi alla base della decisione. In particolare è stata notata la coincidenza con le notizie che vorrebbero la Banca Centrale Europea interessata ad una propria valuta virtuale nel caso in cui i pagamenti transfrontalieri in euro continuassero a denotare problemi di velocità e convenienza.
Va poi ricordato che anche la Francia, un tempo molto scettica sulla validità degli asset digitali, ha dal suo canto impresso una forte accelerazione verso la digitalizzazione della valuta. E’ stato in particolare il governatore della banca centrale francese Francois Villeroy de Galhau a rivelare di recente l’avvio di un progetto in tal senso, che dovrebbe caratterizzare i primi mesi del 2020.

La Cina punta forte sull’innovazione

In definitiva, la decisione della Cina non ha comunque sorpreso eccessivamente gli esperti. Il gigante orientale, infatti, già da tempo si è avviato con decisione sulla strada dell’innovazione. A dimostrarlo non è soltanto la decisione relativa alla sua valuta digitale di Stato, ma anche la sempre più forte attenzione nei confronti della blockchain. Proprio la Cina, infatti, è il Paese ove sono stati registrati più brevetti della nuova tecnologia considerata da molti l’Internet del futuro e che vede il maggior numero di aziende impegnate, a livello globale.
Sembra quindi evidente l’intenzione di Pechino di muoversi con decisione in un settore considerato strategicamente molto importante. Tanto da spingere, di converso, molti analisti a domandarsi perché gli Stati Uniti non stiano seguendo la stessa strada e, anzi, si attardino in un ostracismo contro Libra che sembra indicare proprio nella nuova creazione di Facebook il nemico da abbattere ad ogni costo.

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Dario Marchetti

Sono laureato in Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma, con una tesi sul confine orientale d'Italia alla fine della Prima Guerra Mondiale. Ho collaborato con svariati siti su molte tematiche e guidato il gruppo di lavoro che ha pubblicato il CD-Rom ufficiale della S.S. Lazio "Storia di un amore" e "Storia fotografica della Magica Roma".

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