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Paxful abbandona il Venezuela

I motivi sono da ricercare nell'embargo USA

Paxful, secondo exchange peer-to-peer del Venezuela, ha deciso di sospendere i suoi servizi all’interno del Paese sud-americano. Una decisione che il management della piattaforma ha attribuito all’embargo messo in atto dagli Stati Uniti.
Lo ha fatto all’interno di un video che è stato twittato da Paxful Monday in cui si è accennato a regolamenti sempre più rigidi e tali da rendere impossibile la fornitura dei propri servizi ad utenti venezuelani.

paxful - Paxful abbandona il Venezuela

La conferma da fonti interne all’azienda

La conferma di quanto affermato nel video è poi arrivata da una fonte interna all’azienda. Che ha confermato la decisione presa a CoinDesk, in una intervista nel corso della quale il portavoce di Paxful ha individuato nell’incertezza normativa intorno al Paese il motivo di quello che sta accadendo. Una incertezza che va contro la tolleranza al rischio dell’exchange.
Per effetto di questa decisione, chi era in attesa di avere un account non potrà averlo, mentre gli utenti venezuelani avranno 30 giorni per chiudere il loro. Il tutto tramite un piano di uscita concordato con l’azienda.

L’uscita di scena di Paxful: quali le conseguenze?

Per effetto di questa decisione, la scena crittografica del Venezuela viene ad essere privata del suo secondo più importante attore privato, dopo LocalBitcoins. Un vulnus di non poco conto, considerato come i trader di criptovalute del Paese preferiscano gli exchange peer-to-peer alle strutture che dispongono di avallo governativo.
Per Paxful è peraltro un duro colpo. La piattaforma diretta da Ray Youssef aveva infatti puntato con grande forza sul Venezuela. Ravvisando nei livelli inflattivi troppo elevati, nella presenza di un gran numero di cellulari e nella latitanza di strumenti bancari adeguati grandi opportunità di sviluppo. Condizioni che, però, si sono unite all’embargo decretato da Donald Trump. Spingendo infine all’addio l’exchange.

Perché la decisione di Paxful?

In particolare, gli exchange che operano all’interno del Venezuela devono fare i conti con le sanzioni che colpiscono chiunque decida di aggirare l’embargo. Come hanno del resto denunciato con grande forza i responsabili di Paxful nel dare notizia della decisione presa.
Mentre sembra da escludere, al momento, che alla sua base ci siano le indicazioni date dal Sunacrip, ovvero il regolatore interno cui è demandato il compito di indirizzare il settore degli asset digitali.

Cosa deciderà ora LocalBitcoins?

Alla luce della decisione presa da Paxful, resta ora da capire cosa vorrà fare LocalBitcoins. Occorre infatti sottolineare come la piattaforma già da tempo sia alle prese con gli effetti innescati dalle nuove normative antiriciclaggio. La necessità di rispettare quanto disposto dai regolamenti KYC (Know Your Customer) e AML (Anti Money Laundering) ha già provocato non poche difficoltà all’azienda. Il mix con l’embargo di Trump potrebbe in effetti spingere anche LocalBitcoins a ritirarsi. Lasciando a quel punto i trader di criptovalute venezuelani senza alternative alle strutture autorizzate dallo Stato.
Un vantaggio di non poco conto per Maduro, considerato come un gran numero di cittadini abbia ormai abbracciato gli asset digitali per sfuggire alla perdita di valore d’acquisto del bolivar. Alla fine, quindi, l’embargo potrebbe avere riflessi di segno esattamente contrario a quelli che si proponeva. Unendosi ad una adozione sempre più forte del Petro, la moneta digitale di Stato varata dal governo proprio per cercare di aggirare gli effetti del blocco economico statunitense. Non resta quindi che attendere i prossimi eventi, per capire meglio cosa sta accadendo.

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Dario Marchetti

Sono laureato in Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma, con una tesi sul confine orientale d'Italia alla fine della Prima Guerra Mondiale. Ho collaborato con svariati siti su molte tematiche e guidato il gruppo di lavoro che ha pubblicato il CD-Rom ufficiale della S.S. Lazio "Storia di un amore" e "Storia fotografica della Magica Roma".

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