Ripple si appresta a lasciare gli Stati Uniti?
A sostenerlo è l'ex CEO Chris Larsen
Secondo Chris Larsen, Ripple sarebbe ormai sul punto di lasciare gli Stati Uniti, in cerca di un Paese in grado di assicurare un ecosistema più accogliente nel quale poter prosperare.
L’ex CEO dell’azienda lo ha affermato a chiare note nel corso di una intervista rilasciata a Jeff John Roberts e pubblicata su Fortune. Una affermazione la quale va del resto a confermare un orientamento già noto. Derivante da un atteggiamento sempre più ostile da parte delle autorità statunitensi nei confronti degli asset digitali.
L’appello di Ripple per la chiarezza normativa
Quali sono i motivi alla base del possibile addio di Ripple agli Stati Uniti? Soprattutto il fatto che sia sostanzialmente rimasto disatteso l’appello dell’azienda per una maggiore chiarezza normativa. In assenza della quale, con tutta evidenza, rimane complicato fare piani a lunga scadenza, sapendo che le autorità potrebbero all’improvviso mutare il quadro di riferimento legislativo.
E’ da notare che soltanto Bitcoin ed Ethereum riescono in questo momento ad agire al di fuori del raggio d’azione della Securities and Exchange Commissione (SEC). Un dato di fatto il quale aveva spinto il CEO dell’azienda, Brad Garlinghouse, a rivolgere un appello alle autorità, nello scorso mese di maggio. Rimasto praticamente inascoltato.
Un atteggiamento lesivo degli interessi statunitensi
Proprio in questi giorni, alcuni commentatori hanno fatto notare come nella guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina, il gigante orientale si trovi ormai ad un passo dalla vittoria. Agevolata proprio dalla chiusura, per alcuni inspiegabile, di Donald Trump alle criptovalute.
Un atteggiamento reso ancora più strano proprio dal fatto che l’attuale amministrazione ha fatto del duello con il Paese asiatico una sua precisa direttiva di politica estera. E derivante proprio dal fatto che l’attuale inquilino della Casa Bianca non crede all’innovazione monetaria. Come dimostra del resto il suo continuo e ossessivo richiamo alla potenza del dollaro.
Con Biden potrebbe cambiare qualcosa?
Se Trump sembra decisamente ostile alle criptovalute, neanche Biden sembra però un loro sostenitore. Lo sfidante democratico non è certo noto per aver espresso posizioni particolarmente favorevoli agli asset digitali, nonostante nel suo partito siano presenti alcuni noti personaggi del settore. E nonostante il fatto che proprio nel piano alternativo di aiuti proposto dal partito durante il lockdown, fosse prevista l’utilizzazione di denaro virtuale per allontanare i possibili pericoli collegati al contante.
In pratica l’unica voce che continua a spingere negli Stati Uniti per aprire all’innovazione monetaria è Digital Dollar Project, l’associazione ispirata da Chris Giancarlo, ex commissario della CFTC. Troppo poco per poter sperare di riuscire a reggere l’urto di una Cina ormai avviata verso il varo dello yuan digitale. Cui è affidato il compito di incrinare il potere imperiale del dollaro.
Dove si potrebbe trasferire Ripple?
Nella sua intervista, Chris Larsen adombra l’ipotesi che Ripple potrebbe optare per la Gran Bretagna o Singapore. Paesi che sono riusciti a definire un quadro normativo molto più chiaro e i quali, al momento, costituiscono i sistemi più accoglienti per la fintech, insieme a Svizzera e Cina.
Va però sottolineato come neanche in questo caso l’azienda californiana potrebbe sfuggire alla longa manus della SEC. Cui spetta la supervisione normativa su qualunque attività di carattere finanziario che abbia come teatro gli Stati Uniti.